A m e r i c a
Terzo atto: Il Gran Canyon


Dopo essere saliti sui picchi delle montagne rocciose, La strada verso la Californiala nostra strada continua di nuovo, inesorabilmente. Il fresco delle alture lentamente ci abbandona, e nuovamente il caldo torrido del centro america torna ad avvolgerci, quale quarto compagno del nostro peregrinaggio. Lontano davanti a noi cominciamo a scorgere i picchi inconfondibili caratteristici della Monument Valley. Cime di colore rosso scavate nei secoli dall'acqua che scorreva qui in tempi remoti si affollano nelle nostre menti. I nostri ricordi viaggiano veloci, verso tante immagini spesso sognate ed ora vicine. E finalmente, dopo tanta lunga strada eccoci. Il fiume colorado scorre sotto di noi. I suoi argini sono dei ripidi pendii di un colore così rosso che sembra illuminato perennemente dal sole di un caldo tramonto.Toccando le placide acque del Colorado River Adesso capiamo anche il significato del suo nome. La friabile roccia delle pareti che fiancheggiano il fiume è disciolta dentro le sue acque tanto da colorarle della loro stessa tinta. Più in giù, lungo il suo corso, il fiume cambierà colore varie volte, diventando a volte giallo, a volte verdino, a volte grigio, a seconda del colore delle roccie che costituiscono le pareti che incalanano le sue acque.

La strada che ci accompagna sempre è molto lunga. Attraversiamo i giganti di roccia rossa che dall'alto sorvegliano il nostro cammino, ammonendoci di guardarci dai numerosi pericoli di cui è costellato il viaggio di un nomade. Noi, ossequiosi, capiamo le parole non dette, chiniamo il capo in un cenno misto di assenso e di rispetto, quindi proseguiamo.

I pericoli infatti, come i giganti di roccia ci ricordavano, sono sempre lì in agguato. Ed eccoli, paventati ma sempre inaspettati, manifestarsi con tutto il loro clamore. Lungo la strada ci coglie, a sorpresa, il caso G. L'inquietante apparizione del caso G.Chi sarà mai il misterioso individuo della foto? Come ha potuto fare la sua comparsa in queste lontane lande? Ma soprattutto, qual'è il suo scopo? E' forse un esploratore proveniente da un lontano pianeta per saggiare il nostro grado di conoscenza? O forse egli vuole solo distruggerci? E qual'è il significato del misterioso gesto con il quale l'essere ha manifestato la sua presenza? Forse è una minaccia di guerra? Forse un tentativo di comunicare? Chissà quale razza misteriosa usa esprimere i suoi sentimenti in questo modo primitivo ma efficace. Noi, forse, non lo sapremo mai. L'unica cosa che possiamo fare, nella nostra limitatezza, è solo documentare quel poco che siamo riusciti a catturare della sua apparizione nella nostre vite. Della sua presenza rimane ben poco: una macchia sul terreno umido, una scia di un odore pungente, un brivido di timore che ancora ci scuote nelle notti insonni.

Ancora scossi da quell'apparizione cerchiamo di riacquistare le nostre certezze e le nostre sicurezze. Ancora una volta i giganti di roccia rossa ci vengono in soccorso e ci proteggono sotto la loro possente ala. Zio Jessy si cela timidamente nell'oscurità dietro il fuoco del suo bracierePoco più avanti sulla strada un enorme sombrero ci saluta dall'alto della montagna. Ci ammicca dalla montagna e ci indica il posto nel quale ci dovremo fermare. Ci appare quindi, posto di transito sperduto, il raggruppamento di case noto come Mexican Hat. Qui ci offre ospitalità un tenace spirito americano il cui nome non abbiamo mai saputo. Per noi, nei nostri cuori, egli resterà sempre Zio Jessy. Con la sua rassicurante aria familiare e la sua buona carne cotta a legna ha spazzato dalle nostri menti ogni altra cosa. Vicino a lui e a quella che sentiamo, anche se solo per una notte, come casa nostra, un sentiero ci porta sulle sponde del San Juan River. Qui, seduti sopra di un masso, ci godiamo il tramonto sul fiume placido colorato del rosso della montagna che, dalla parte opposta alla nostra, torreggia imponente davanti a noi. La sensazione di pace è incredibile, il rumore della natura è tangibile e vorremmo prenderne un pezzo per portarlo con noi, ma poi non osiamo e ce ne andiamo rispettosi, come di fronte alla statua di un Dio amico.

E come sempre tutto finisce, non scompare ma si trasforma. I nostri angeli custodi di roccia rossa sono muti alla nostra partenza. Il loro è un silente saluto. Stiamo lasciando l'america selvaggia, pura e grande. Stiamo nuovamente per tuffarci nella civiltà. Ci pare quindi giusto che loro non approvino le nostre scelte, ma un uomo non è tale se non prova l'Inferno, il Paradiso e tutto quello che c'è in mezzo. E noi, non essendo dei giganti eterni come i nostri angeli custodi, nella nostra caducità ci affanniamo alla ricerca di una conoscenza che è sempre lontana da noi. Ed ecco apparirci Page. Il lago di Page, visto da sopra la digaLuogo creato dall'uomo, lago artificiale sbarrato da una diga di cui l'uomo si vanta, chiamandola impresa gigante. Ma l'uomo dimentica quello che noi sappiamo, avendolo visto fino al giorno prima. L'uomo non vuole ricordare che la natura ha opere ben più grandi ed imponenti. Ci ricordiamo ancora di voi, solenni giganti di roccia rossa che ci guardate benigni dall'alto.

Ed infine, eccoci arrivati al Gran Canyon, Il Gran Canyonimmane opera della natura, trasformata dall'uomo in un qualcosa da mostrare, come un giocattolo costruito da noi stessi. Dove siete, giganti di roccia rossa? Dov'è il fascino, il mistero, la natura selvaggia? Dov'è la natura che ci parla direttamente al cuore? Non riusciamo a sentirla tra il parlare della guida ed il rumore dei pulmini del parco. Ed il sentiero che ci propongono come "arduo e periglioso" corre a non più di due metri dalla strada asfaltata. La mente ci fugge a solo due giorni fa quando, immersi nella natura, sentivamo l'energia scorrere dentro di noi. Qui invece l'uomo tenta di fare in modo di assoggettare la natura a sè, svendendo per sue le opere che essa ha costruito. Quanto fascino che dovevano avere queste montagne quando, immacolate, si presentarono agli occhi dei primi esploratori. Quanto forse dovranno farne a chi siede accanto a noi, mentre ascolta le parole della guida, che vede questi posti per la prima volta, non avendo visto la natura che noi abbiamo toccato con mano. Ora questo spettacolo a noi non appare molto diverse da un bel paesaggio su di un quadro.... bello sì, ma finto.

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